Referendum abrogativo 8-9 giugno 2025. Attraverso i Referendum decidono le cittadine e i cittadini
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PER UNA MIGLIORE INTEGRAZIONE CON LA CITTADINANZA ITALIANA

LAVORO TUTELATO
QUESITO N. 1: Abrogazione delle norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamento
Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015 n. 23 recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014 n. 183” nella sua interezza?
Il referendum chiede di abrogare la parte dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori (l. 300/1970) come modificata dal Jobs Act (L.D. 183/2014).
QUESITO N. 2: Abrogazione delle norme che facilitano i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese
Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966 n. 604 recante “norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990 n. 108, limitatamente alle parole “compreso tra un” alle parole “ed un massimo di 6 e alle parole “la misura massima della predetta indennità, può essere maggiorata fino a 10 mensilità”
Il referendum si propone di abrogare parte dell’art. 8 L. 604/1966, eliminando il tetto mensile di 6 mensilità da corrispondere al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo nelle aziende con meno di 16 dipendenti in cui non viene applicato lo Statuto dei lavoratori.
LAVORO STABILE
QUESITO N. 3: Abrogazione delle norme che hanno liberalizzato l’utilizzo del lavoro a termine.
Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 Giugno 2015, n. 81 recante “disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014 n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a) , nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?.
Il quesito vuole intervenire su quella stratificazione di norme che hanno liberalizzato l’utilizzo dei contratti a termine. Attualmente per i contratti inferiori a 12 mesi non è necessario dichiarare per quale motivo si ricorre ad un contratto a tempo determinato (causale).
LAVORO SICURO
QUESITO N. 4: Abrogazione delle norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante
Volete voi l’abrogazione dell’art. 26,comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 recante “attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007 n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106 , dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 , convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021 n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021 n. 215, limitatamente alle parole “le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
Il referendum mira ad abrogare quelle norme che impediscono, in caso d’infortunio sul lavoro, di estendere la responsabilità civilistica risarcitoria sull’imprenditore committente appaltante lavori o servizi per i danni subiti dal lavoratore dipendente delle ditte appaltatrici e sub appaltatrici.
CITTADINANZA
QUESITO N. 5: Abrogazione di parte della legge n. 91 del 1992 che richiede 10 anni di residenza legale continuativa per ottenere la cittadinanza
Volete voi abrogare l’articolo 9, comma I, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”, nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: i) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica “, della legge 5 febbraio 1992 n 91 recante nuove norme sulla cittadinanza?
Attualmente le modalità per ottenere la cittadinanza italiana sono:
1.Essere figlio/a di genitori cittadini italiani (è sufficiente che lo sia almeno uno)
2.Avere un antenato con cittadinanza italiana dall’Unità d’Italia in poi (1861)
3.Essere residente in Italia e presentare domanda a determinate condizioni che, allo stato attuale, sono:
- risultare residente continuativamente in Italia da almeno 10 anni
- conoscere la lingua italiana almeno a livello B2
- essere in regola con la propria condizione fiscale
- non avere avuto condanne
Lo Stato italiano ha tempo tre anni per concludere il procedimento.
Il referendum chiede di ridurre a cinque anni l’obbligo di residenza.
* * *
Sperando di avere chiarito dubbi e perplessità sui quesiti referendari, Vi invitiamo, nuovamente, ad andare a votare.
La materia dei referendum sul lavoro ci riguarda in prima persona in qualità di lavoratrici e lavoratori, mentre quella sulla cittadinanza come cittadine e cittadini di una società che è divenuta ormai multiculturale e che sta cambiando rapidamente.
La partecipazione democratica è bella. Un’occasione unica per SCEGLIERE!
La redazione del blog
Patrizia
09/06/2025 - 23:52
Caro Luca, capisco cosa vuoi dire e sono d'accordo con te quando dici che il problema principale sono i soldi che mancano. Ma attenzione a farsi distrarre, il punto sono le regole del mercato del lavoro non meno importanti dei soldi , che non riguardi persone che conosci non è rilevante, è evidente che il mercato del lavoro è troppo precario e che c'è bisogno di regole, non è questione di nicchia di pochi o molti ma di tutele collettive a favore di tutti e di un mercato del lavoro regolamentato. I problemi rimangono tutti, purtroppo. Patrizia cgil
Luca
09/06/2025 - 10:10
Buongiorno, purtroppo si delinea una sconfitta...sono sempre stato scettico su questi quesiti perchè io sono d'accordissimo con quello che si prefissavano, però purtroppo non parlano alla gente. Toccano temi fondamentali, ma piuttosto di nicchia. Se penso alla mia famiglia solamente il quesito del contratto a termine ci ha toccato. Non conosco nessuno che si sia imbattuto in licenziamenti illegittimi o abbia avuto problemi di sicurezza. Non voglio dire che non siano importanti però sono marginali. Se allargo alla sfera delle mie conoscenze anche lì non conosco nessuno licenziato ingiustamente. Il vero problema sono i soldi. Gli stipendi sono il problema. Al bar si parla di stipendi, in ufficio parliamo di stipendi, negli spogliatoi delle palestre si parla di stipendi, ai cenoni di Natale si parla di stipendi. Il resto conta zero? No assolutamente, ma la battaglia va fatta sui soldi. Lì l'affluenza sarebbe del 90%.
Patrizia
03/06/2025 - 18:56
Caro Matteo non so dove tu abbia letto un parere simile. Manca il presupposto , parliamo di licenziamenti senza giusta causa o illegittimi , quindi di tutela dai licenziamenti senza giustificazioni. Tu mi fai l'esempio sbagliato. Non tutti i licenziamenti sono uguali , un tetto ai risarcimenti è sbagliato per questo è giusto lasciare giudicare un giudice caso per caso. Sotto i 15 dipendenti il risarcimento è l'unica arma di difesa da licenziamenti illegittimi. Un consiglio: Meglio mettersi dal punto di vista del lavoratore o lavoratrice che da quello del datore di lavoro. Per esempio Prova solo a pensare alla maternità.. Ciao patrizia cgil
Matteo
03/06/2025 - 15:06
Buongiorno, vorrei aprire un discussione sul secondo quesito. So che probabilmente andrò controcorrente però ho letto una riflessione che mi ha fatto aprire gli occhi e mi ha convinto. Già in Italia per un datore di lavoro è difficile licenziare una persona senza poi entrare in una causa e un datore di lavoro quindi è molto restio ad assumere personale perchè sa che, anche se costui passa il tempo al cellulare, se non fa caz..te sarà difficile lasciarlo a casa. Ora, se per di più non avrà un tetto massimo al risarcimento il datore di lavoro potrebbe pensare: io assumo Tizio, questo lavora svogliato e male senza aiutare la mia azienda, allora lo lascio a casa, entro in causa, la perdo, il giudice mi chiede un maxi risarcimento. Faccio prima a non assumere. Non so se mi sono spiegato, non si rischia di non invogliare gli imprenditori ad assumere? Grazie per le vostre opinioni